mercoledì, Ottobre 30, 2024
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Miele e colon irritabile

Generalmente i pazienti che soffrono della sindrome dell’intestino irritabile (o irritable bowel syndrome – IBS) sanno bene quanto i cibi consumati possano influenzare i sintomi dell’IBS. In effetti uno degli interventi più efficaci per la gestione del colon irritabile è l’eliminazione degli alimenti trigger, cioè di quei cibi in grado di provocare o accentuare le manifestazioni dell’IBS. In questo articolo ci occuperemo di miele e colon irritabile, chiarendo se il suo consumo sia indicato o meno per le persone con IBS.

Miele e colon irritabile: quali i benefici?

Generalmente il miele è utilizzato come dolcificante naturale con effetti positivi per la salute. Esso, infatti, ha mostrato di contrastare l’infiammazione, limitare la crescita batterica e ridurre lo stress ossidativo[1].

Alcuni studi hanno inoltre mostrato alcuni effetti del miele sul sistema gastrointestinale. In uno studio[2], ad esempio, il suo consumo ha mostrato di ridurre la stitichezza in topi in cui era stata indotta la costipazione attraverso la somministrazione della loperamide (Imodium®), un noto farmaco contro la diarrea. L’utilizzo del miele ha infatti richiamato acqua nel lume intestinale, mimando così il meccanismo dei lassativi osmotici. Esso ha inoltre mostrato di influenzare positivamente la composizione del microbiota intestinale, fondamentale per un sano transito intestinale.

Il miele può quindi alleviare la stipsi. Esso inoltre può ridurre l’infiammazione, la proliferazione batterica, la disbiosi e lo stress ossidativo. Ciascuno di questi fattori concorre alla patogenesi del colon irritabile, suggerendo un’utilità teorica del miele nella gestione dell’IBS. Tuttavia non sono disponibili studi che abbiano indagato direttamente gli effetti del miele sul colon irritabile.

Miele di manuka e colon irritabile

Il miele di manuka è un particolare tipo di miele prodotto dal nettare della pianta di manuka, coltivata in Nuova Zelanda. Esso è noto soprattutto per le sue marcate proprietà antibatteriche in caso di infezioni della pelle[3]. Alcune ricerche hanno anche evidenziato, seppur con risultati contrastanti, la sua capacità di combattere l’infezione da Helicobacter pylori. Inoltre, in studi su ratti affetti da colite ulcerosa, la somministrazione contemporanea di miele di manuka e farmaci antinfiammatori ha mostrato di ridurre l’infiammazione intestinale[4].

Ciò potrebbe suggerire un suo potenziale impiego nella sindrome dell’intestino irritabile. Tuttavia il miele di manuka contiene un composto, il metilgliossale, che ha dimostrato di peggiorare i sintomi dell’IBS. In uno studio su ratti la sua somministrazione ha infatti aumentato la diarrea, l’ipersensibilità viscerale, il mal di testa e i comportamenti depressivi[5].

Miele e FODMAP

I FODMAP sono un particolare gruppo di carboidrati scarsamente assorbiti dall’intestino, in grado di innescare i sintomi dell’IBS. La loro eliminazione è quindi raccomandata come trattamento di prima linea per la sindrome dell’intestino irritabile.

Il miele è costituito principalmente da zuccheri, in particolare dal fruttosio[6], classificato come FODMAP. Tuttavia la quantità di fruttosio varia in base al tipo di miele[7]. In particolare gli esami di laboratorio hanno mostrato che:

  • il miele standard disponibile in commercio può ritenersi un alimento a basso contenuto di FODMAP solo se non si superano i 7 g (circa 1 cucchiaino);
  • il miele di trifoglio, a causa del maggior contenuto di fruttosio, può ritenersi a basso contenuto di FODMAP solo se non si superano i 3,5 g (mezzo cucchiaino).

Il miele può quindi essere considerato un alimento a basso contenuto di FODMAP solo se assunto in piccole dosi.

Chi soffre di colite può mangiare il miele?

Il miele dovrebbe essere mangiato da chi soffre di colite solo in piccole quantità, a causa del suo contenuto di fruttosio. Non dovresti consumarne più di 1 cucchiaino, perché se assunto in eccesso potrebbe peggiorare i tuoi sintomi. Tuttavia alcune persone tollerano bene anche quantità maggiori di miele o di altri alimenti ad alto contenuto di fruttosio[8]. Nel caso in cui invece si dovesse osservare un peggioramento dei propri sintomi anche assumendone piccole quantità, è possibile provare un dolcificante a basso contenuto di FODMAP come, ad esempio, la stevia.

Bibliografia
Prof. Ludovico Abenavoli
Prof. Ludovico Abenavoli
Professore associato di Malattie dell’Apparato Digerente - Dipartimento Scienze della Salute, Università “Magna Graecia” di Catanzaro - A.O.U. Renato Dulbecco di Catanzaro

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