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Microbiota intestinale: cos’è?

Generalmente per “biota” s’intende l’insieme di tutti gli esseri viventi, animali e vegetali, che occupano un determinato spazio in un ecosistema. Un micro-biota è quindi l’insieme di tutte le forme microbiche di vita, che abitano un particolare ambiente. Essi possono svilupparsi ovunque. I microbi, infatti, vivono nell’acqua, nel suolo, nell’aria e in ogni essere vivente. Anche il corpo umano ne ospita milioni. La loro totalità, infatti, costituisce il microbiota umano, cioè l’insieme di microrganismi, composto da batteri, archei, funghi, protozoi e virus, che alberga nel corpo umano. Alcuni di essi sono noti perché possono farci ammalare, altri sono invece fondamentali per la nostra salute. Sempre più studi, infatti, mostrano il ruolo chiave del microbiota per la salute dei sistemi viventi, non solo umani.

Che differenza c’è tra il microbiota e il microbioma?

Generalmente si è soliti distinguere il concetto di microbioma da quello di microbiota evidenziando che, mentre quest’ultimo si riferisce all’insieme dei microrganismi presenti in un determinato ambiente[1], il microbioma attiene invece alla totalità del patrimonio genetico espresso da questi microrganismi. Quando si parla di microbioma, l’attenzione è quindi rivolta ai geni di un particolare microbiota, con l’obiettivo di comprendere quali siano i composti che essi codificano e le funzioni che assolvono per l’organismo ospite.

Microbiota intestinale

Il microbiota intestinale è la comunità di microrganismi che colonizza il tratto gastrointestinale. Essa è composta da batteri, archei ed eucarioti che si sono co-evoluti con l’ospite nel corso di migliaia di anni, formando una relazione intricata e reciprocamente vantaggiosa[2].

Composizione del microbiota intestinale

La maggior parte del microbiota intestinale risiede nello strato di muco, che riveste l’epitelio intestinale. Il muco, infatti, ospita le comunità microbiche, regolandone la composizione e le funzioni[3]. Tuttavia, la distribuzione del microbiota non è omogenea, ma varia a seconda delle condizioni specifiche, che caratterizzano i diversi ‘ambienti gastrointestinali’. Il livello di acidità (pH) e di ossigeno (O2), le secrezioni bilio-pancreatiche, la velocità del flusso digestivo e la disponibilità di nutrimento per i microrganismi possono infatti influenzare la composizione del microbiota[4].

Nello stomaco, ad esempio, la maggior parte dei microrganismi non può sopravvivere a causa dell’elevato livello di acidità. I principali batteri che si trovano nell’ambiente gastrico sono i lattobacilli, gli streptococchi, gli stafilococchi, i peptostreptococchi, oltre al noto Helicobacter pylori, responsabile della gastrite cronica e dell’ulcera peptica.

Anche l’intestino tenue è un ambiente poco favorevole per la vita microbica. Qui, infatti, la concentrazione di acidi biliari riduce la proliferazione dei microbi. Inoltre, la crescita microbica è ulteriormente limitata dal rapido tempo di transito intestinale (3-5 ore), tipico di questa porzione d’intestino. I generi batterici che si trovano comunemente nell’intestino tenue sono Lactobacillus, Clostridium, Staphylococcus, Streptococcus e Bacteroides[5].

Nell‘intestino crasso, caratterizzato invece da condizioni ottimali per la vita microbica, il microbiota prolifera abbondantemente, con una prevalenza di batteri anaerobi[6], come Bacteroides e Bifidobacterium. L’intestino crasso, infatti, contiene il più grande ecosistema batterico del corpo umano, con la più alta densità microbica registrata in qualsiasi habitat sulla Terra, compresa tra 300 e 1000 specie diverse[7]. Tuttavia il 99% dei batteri intestinali proviene da circa 30 o 40 specie[8].

Composizione del microbiota intestinale e variabilità individuale

Generalmente la composizione del microbiota intestinale differisce da individuo a individuo. Si stima, infatti, che solo 1/3 del microbiota intestinale sia comune a tutti gli esseri umani. La restante parte è invece influenzata da fattori individuali come:

  • il patrimonio genetico;
  • l’età gestazionale;
  • il tipo di parto (naturale o cesareo);
  • il tipo di allattamento (al seno o artificiale);
  • le abitudini alimentari;
  • lo stile di vita;
  • l’invecchiamento.

Funzioni del microbiota intestinale

Solitamente nei soggetti sani il microbiota intestinale e l’ospite vivono un rapporto di simbiosi, benefico per entrambi. I microrganismi, infatti, traggono i nutrienti necessari alla loro sopravvivenza dal loro ospite, svolgendo, allo stesso tempo, delle funzioni fondamentali per l’individuo. Basti pensare che il genoma umano è costituito da circa 23.000 geni, mentre il nostro microbioma esprime oltre 3 milioni di geni, che producono migliaia di metaboliti[6]. Il microbiota intestinale può quindi essere assimilato a un “genoma variabile” o ad un “meta-organo“, che svolge importanti funzioni metaboliche, protettive e strutturali per l’ospite.

Funzioni metaboliche

Innanzitutto il microbiota intestinale partecipa alla digestione dei carboidrati e degli oligosaccaridi non digeribili, come la fibra alimentare (cellulosa, pectine,
gomme resistenti, etc.). La fermentazione dei carboidrati, a sua volta, produce, gli acidi grassi a catena corta, anche noti come postbiotici (per es. il butirrato), che forniscono energia per l’ospite, oltre a favorire l’integrità della barriera intestinale e a ridurne l’infiammazione.

Inoltre il microbiota intestinale partecipa al metabolismo dei lipidi e delle proteine. Esso produce alcune vitamine essenziali, come la K e le vitamine del gruppo B, e sintetizza alcuni aminoacidi. Esso facilita anche l’assorbimento di minerali, come il ferro, il calcio e il magnesio e, suggeriscono studi recenti[9], di vari polifenoli. Infine il microbiota favorisce la trasformazione degli acidi biliari[10], facilitandone il riassorbimento, oltre a degradare composti tossici per l’organismo ospite.

Funzioni protettive

Il microbiota intestinale svolge una fondamentale attività di protezione contro i microrganismi patogeni.

Uno dei meccanismi di protezione più diretti è il mantenimento dell’integrità dello strato di muco, che isola l’epitelio intestinale, evitandone il contatto con i patogeni presenti nel lume intestinale.

Il microbiota intestinale può inoltre limitare la crescita di ceppi patogeni, stimolando la produzione di sostanze, come le immunoglobuline locali, che inattivano i microrganismi potenzialmente pericolosi.

Infine, il microbiota può ridurre la proliferazione dei patogeni, alterando il livello di acidità intestinale, sfavorevole per la crescita batterica, e sottraendo nutrienti ai microrganismi pericolosi.

Funzioni strutturali

Il microbiota svolge un’importante attività strutturale lungo il tratto intestinale. Esso, infatti, concorre allo sviluppo dei villi e dell‘epitelio intestinali attraverso meccanismi diversi.

Alcune specie batteriche, ad esempio, promuovono lo sviluppo e la differenziazione delle cellule epiteliali o ne evitano la morte programmata. Altre, invece, promuovono lo sviluppo della microvascolatura intestinale o concorrono al mantenimento delle cosiddette “giunzioni strette“, che mantengono insieme (per l’appunto, “strette”) le cellule epiteliali, evitando che l’intestino diventi permeabile.

Il microbiota contribuisce inoltre allo sviluppo del sistema immunitario. L’esposizione dell’intestino ai microbi, infatti, favorisce la maturazione immunitaria, stimolando la produzione di composti, come i linfociti e le immunoglobuline, necessarie per un’efficace azione immunitaria.

Infine il microbiota modula il sistema immunitario, regolandone l’attività ed evitandone attivazioni anomale. I microbi intestinali, infatti, contribuiscono alla tolleranza immunologica, evitando che i linfociti si attivino in presenza dell’ampia gamma di antigeni introdotti con il cibo. Ciò evita una dannosa risposta infiammatoria e suggerisce come eventuali alterazioni del microbiota possano invece mediare lo sviluppo di allergie e malattie autoimmuni.

Conclusioni

In passato il microbiota intestinale era noto prevalentemente per i suoi effetti localizzati sul tratto intestinale. Tuttavia, negli ultimi anni, sempre più studi hanno evidenziato come esso possa influenzare il funzionamento anche di altri organi. I metaboliti del microbiota possono infatti viaggiare attraverso il circolo sanguigno in ogni parte del corpo, influenzando sistemi molto diversi tra loro. Un recente studio ha rivelato come essi possono arrivare fino alla barriera ematoencefalica, influenzando il funzionamento del cervello e contribuendo, ad esempio, allo sviluppo dell’ansia e della depressione[11]. La ricerca sta quindi rivelando come il microbiota intestinale possa influenzare profondamente la nostra salute, contribuendo alla sviluppo di diverse patologie e suggerendo nuove opportunità terapeutiche. Tuttavia è necessario ricordare che questo campo di ricerca, seppur in rapida evoluzione, è ancora in una fase iniziale di sviluppo.

Bibliografia

Prof. Ludovico Abenavoli
Prof. Ludovico Abenavoli
Professore associato di Malattie dell’Apparato Digerente - Dipartimento Scienze della Salute, Università “Magna Graecia” di Catanzaro - A.O.U. Renato Dulbecco di Catanzaro

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