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Colon irritabile: rimedi

Colon irritabile: rimedi

La sindrome dell’intestino irritabile (o irritable bowel syndrome – IBS) è un disturbo cronico, per il quale non vi è una cura definitiva. I farmaci, infatti, sono solo sintomatici. Essi riescono cioè a migliorare momentaneamente i sintomi, senza però risolvere le cause della patologia. È quindi necessario imparare a convivere con l’IBS, adottando un approccio terapeutico più ampio[1], che includa altri rimedi per il colon irritabile oltre quelli farmacologici. La dieta, l’esercizio fisico, alcune sostanze naturali e le terapie psicologiche possono infatti concorrere ad una prognosi eccellente per chi soffre di intestino irritabile.

Rimedi per il colon irritabile: la dieta

Dieta low-FODMAP

La dieta low-FODMAP prevede la riduzione di alimenti contenti un particolare tipo di carboidrati, i FODMAP, che possono scatenare o aggravare i sintomi del colon irritabile.

L’acronimo FODMAP descrive un tipo di zuccheri Fermentabili, composto da Oligo-saccaridi, Di-saccaridi, Mono-saccaridi e (And) Polioli. Tali zuccheri, contenuti in molti alimenti comuni come frutta, verdura, legumi, cereali, latte e dolcificanti, hanno la caratteristica di essere scarsamente assorbiti dall’intestino tenue, richiamando acqua al loro passaggio. Essi arrivano inoltre integri nel colon, dove vengono fermentati dai microbi intestinali, rilasciando gas. Il consumo di alimenti contenenti FODMAP crea quindi un maggior volume di liquidi e gas, che distende la parete intestinale, provocando dolore, gonfiore e un alvo alterato.

Una dieta con un basso (low) contenuto di FODMAP può quindi limitare i processi fermentativi, alleviando i sintomi dell’IBS. In particolare essa ha mostrato di ridurre significativamente la severità dei sintomi, migliorando il dolore addominale, il gonfiore e la qualità di vita dei pazienti. Alcune evidenze, inoltre, suggeriscono anche un possibile riduzione di diarrea, stipsi e nausea. Tuttavia la dieta low FODMAP non è efficace su tutti i pazienti.Circa 1 paziente su 4, infatti, non ottiene un miglioramento dei sintomi riducendo il consumo dei FODMAP[2] .

Attualmente la dieta low-FODMAP è raccomandata dalle linee guida per la gestione dell’IBS dell’American Gastroenterology Association[3] e dalle linee guida per l’IBS con prevalenza di diarrea della United European Gastroenterology e della European Society for Neurogastroenterology and Motility.

Dieta NICE

Il National Institute of Health and Care Excellence (NICE) del Regno Unito fornisce nelle sue linee guida per l’IBS alcune raccomandazioni alimentari come:

  • consumare pasti piccoli, evitando lunghi periodi di digiuno tra un pasto e l’altro;
  • mangiare lentamente;
  • ridurre l’assunzione di alcol, caffè e bevande gassate;
  • bere un’adeguata quantità di liquidi;
  • evitare il consumo di alimenti ricchi di fibre insolubili, amido resistente e sorbitolo.

La dieta NICE fornisce dei suggerimenti utili per la gestione dei sintomi del colon irritabile, certamente più sostenibili delle restrizioni imposte dalla dieta low-FODMAP. Tuttavia un confronto tra le due diete ha evidenziato che l’86% dei pazienti che ha seguito la dieta FODMAP riferisce meno gonfiore e dolore addominale, rispetto al 49% di quelli che hanno seguito la dieta NICE[4].

Dieta senza glutine

Talvolta può capitare che pazienti che soffrono di colon irritabile ma non di celiachia riferiscano un miglioramento dei sintomi seguendo una dieta senza glutine. In questi casi si è ipotizzato che i soggetti in questione fossero intolleranti al glutine. Essi manifestavano cioè sintomi come gonfiore, mal di pancia e diarrea, senza però avere l’attivazione immunitaria tipica della malattia celiaca.

Tuttavia tale ipotesi è stata scartata da diversi studi clinici, che hanno mostrato come la reale causa dei sintomi non fosse il glutine, bensì i fruttani, un tipo di zuccheri fermentabili appartenenti alla categoria dei FODMAP. La principale fonte di glutine, infatti, è rappresentata dai cereali che, tuttavia, sono ricchi anche di fruttani. Il miglioramento dei sintomi riferito dai pazienti eliminando gli alimenti contenti glutine era quindi dovuto all’inconsapevole riduzione del consumo di fruttani che, come è noto, possono causare i sintomi del colon irritabile.

Colon irritabile ed Esercizio fisico

Negli ultimi anni diversi studi hanno mostrato come l’esercizio fisico possa migliorare i sintomi gastrointestinali del colon irritabile e quelli psicologici che vi si associano.

In uno studio pubblicato sul The American Journal of Gastroenterology i ricercatori hanno mostrato che nei pazienti con IBS che svolgevano attività motoria si riduceva significativamente la gravità dei sintomi[5]. I ricercatori, inoltre, hanno seguito nel tempo (follow-up da i 3,8 a 6,2 anni) i partecipanti allo studio, rilevando che coloro che hanno continuato a fare esercizio hanno sperimentato effetti benefici e duraturi sui sintomi dell’IBS[6]. Vale la pena notare, inoltre, che uno studio del 2015 ha evidenziato che lo yoga, praticato in sessioni di 1 ora, tre volte a settimana, per 12 settimane, ha migliorato significativamente i sintomi delle persone con IBS[7].

Non è chiaro, tuttavia, quale sia il meccanismo attraverso cui l’esercizio migliora i sintomi del colon irritabile. È possibile che il suo impatto positivo sia dovuto alla capacità dell’esercizio di favorire l’evacuazione intestinale e l’eliminazione del gas, alleviare lo stress e migliorare la qualità del sonno. L’attività fisica, inoltre, potrebbe ridurre la percezione del dolore, aumentandone la soglia. Essa migliora anche il tono della muscolatura addominale, fondamentale per contrastare l’azione della gravità sugli organi addominali, a cui un recente studio ha attribuito un possibile ruolo eziologico nello sviluppo dell’IBS[8].

L’esercizio fisico può quindi essere un efficace rimedio per il colon irritabile. Esso, infatti, è raccomandato dalle linee guida dell’American College of Gastroenterology[3]. È necessario notare, però, che gran parte degli studi sono stati condotti utilizzando forme di esercizio a bassa o moderata intensità, mentre mancano studi sugli effetti di un allenamento vigoroso e/o ad alta intensità sull’IBS. Quest’ultimo, infatti, potrebbe peggiorare alcuni dei sintomi del colon irritabile come la diarrea. In attesa di nuovi studi è quindi consigliabile mantenere una bassa o moderata intensità svolgendo attività come camminare, correre, andare in bicicletta, nuotare o come quella dello yoga.

Colon irritabile: rimedi naturali

Probiotici

La causa precisa dell’IBS è ancora sconosciuta. Alcuni studi hanno però evidenziato che i pazienti che ne soffrono presentano infiammazione cronica della mucosa intestinale, ipersensibilità viscerale, aumento della permeabilità intestinale e disbiosi del microbiota. Tali meccanismi possono essere modulati attraverso la somministrazione dei probiotici, che possono agire contemporaneamente sui diversi aspetti della fisiopatologia del colon irritabile. I probiotici, infatti, possono:

  • regolare l’espressione dei geni responsabili dell’infiammazione intestinale;
  • svolgere un’aziona analgesica in grado di ridurre l’ipersensibilità viscerale;
  • mantenere l’integrità della barriera mucosale, riducendone la permeabilità;
  • modulare la composizione del microbiota, riducendone la disbiosi.

In particolare la somministrazione di alcuni ceppi probiotici di bacilli, bifidobatteri, lattobacilli e saccaromiceti può ridurre i sintomi associati al colon irritabile come il dolore addominale, il gonfiore, i disturbi dell’alvo e l’urgenza di evacuazione[9]. Essi possono quindi essere un valido rimedio naturale per il colon irritabile, in grado di alleviarne i sintomi. Il loro utilizzo, infatti, è raccomndato dalle linee guida di diverse organizzazioni di come la British Society of Gastroenterology, la Canadian Association of Gastroenterology e la Japanese Society of Gastroenterology.

Prebiotici

l prebiotici sono un particolare tipo di fibra alimentare che stimola la crescita e l’attività dei microrganismi probiotici presenti nel nostro intestino. I prebiotici, infatti, non sono assorbiti dall’intestino, ma sono invece digeriti dai microrganismi intestinali, che li utilizzano come fonte di energia. La loro assunzione può quindi favorire la presenza di microbi benefici e dei loro metaboliti, che possono essere utili per la gestione dei sintomi del colon irritabile.

In particolare il consumo di beta-galatto-oligosaccaridi (β-GOS), gomma di guar parzialmente idrolizzata e pectina ha mostrato di essere efficace nel migliorare i sintomi dell’IBS, come il dolore addominale, il gonfiore e la flatulenza. I prebiotici fruttani non hanno invece effetti positivi sui sintomi dell’IBS e potrebbero persino peggiorare alcuni sintomi come quelli dovuti all’eccesso di gas[10].

Inoltre la somministrazione intermittente di beta-galatto-oligosaccaridi potrebbe rappresentare un’alternativa alla dieta low- FODMAP, altrettanto efficace, ma più salutare. La dieta low-FODMAP, infatti, richiede una drastica riduzione di alimenti benefici, che contribuiscono a prevenire lo sviluppo di un’ampia gamma di patologie.

Psillio

Lo psillio è una fibra naturale prebiotica, ricavata dalla cuticola dei semi della pianta erbacea Plantago psyllium, coltivata prevalentemente in India.

La buccia di psillio è una fibra prevalentemente solubile, che, a contatto con l’acqua, forma un gel viscoso dalle innumerevoli proprietà. Esso, infatti, rallentando l’assorbimento dei nutrienti, migliora significativamente la glicemia a digiuno, i livelli di colesterolo, il senso di sazietà e la perdita di peso[11].

Le fibre di psillio, inoltre, sfuggono alla digestione e sono solo moderatamente fermentate dal microbiota intestinale. Esse raggiungono quindi intatte l’intestino crasso, dove normalizzano la consistenza delle feci. In caso di stitichezza lo psillio, infatti, ammorbidisce le feci, oltre ad aumentarne il volume, stimolando così la peristalsi. Allo stesso tempo esse possono rassodare le feci molli o liquide in caso di diarrea[12]. Lo psillio può quindi ridurre i disturbi dell’alvo che si associano al colon irritabile.

Lo psillio, inoltre, può ridurre il gonfiore. Esso, infatti, favorisce l’evacuazione, limitando la fermentazione del contenuto intestinale. Lo psilio, inoltre, rallenta l’assorbimento non solo dei “nutrienti”, ma anche della fibra alimentare[13], la cui fermentazione, come è noto, produce gas.

Le fibre di pisllio possono quindi essere un efficace rimedio naturale per la gestione dei sintomi del colon irritabile, in particolare per l’IBS con prevalenza di costipazione. Il suo utilizzo è infatti raccomandato dalle linee guida dell’American College of Gastroenterology per l’IBS[3].

Generalmente gli studi condotti sugli effetti delle fibre di psillio per il colon irritabile prevedono dosaggi di 5-10 grammi al giorno. Tuttavia è stato suggerito che dosaggi più elevati (20-25 g/die) consumati con abbondante acqua (500 ml) ne migliorano l’efficacia[14].

Menta piperita

Generalmente la menta piperita è usata comunemente per alleviare i sintomi da raffreddamento come la tosse o la congestione. Meno noto, invece, è il suo potenziale terapeutico per la gestione dei sintomi del colon irritabile. Diversi studi, infatti, hanno mostrato come l’olio di menta piperita fosse superiore al placebo nel miglioramento a breve termine dei sintomi complessivi del colon irritabile e, in particolare, del dolore addominale. L’American College of Gastroenterology, infatti, ne suggerisce l’uso nella sue linee guida per il trattamento dell’IBS[3].

In particolare l’olio di menta piperita contiene composti monoterpenici come il mentolo, che bloccano i canali del calcio nella muscolatura liscia, producendo effetti antispasmodici sul tratto gastrointestinale[15], che riducono le contrazioni addominali responsabili del mal di pancia. Il mentolo, inoltre, sembrerebbe ridurre l’ipersensibilità viscerale tipica dei pazienti con IBS, attraverso una temporanea azione anestetica sulle fibre nervose intestinali[16]. Infine la menta ha proprietà carminative, che favoriscono l’eliminazione del gas intestinale, riducendo il gonfiore.

La menta piperita può essere assunta sotto forma di tisana o di capsule orali. È però consigliabile scegliere le capsule di olio di menta con rivestimento enterico. Esse, infatti, garantiscono una maggiore standardizzazione in termini di quantità e fanno si che l’olio di menta sia rilasciato nell’intestino e non nello stomaco. L’olio di menta, inoltre, è sconsigliato in caso di malattia da reflusso gastroesofageo.

Glutammina

Generalmente nei pazienti che soffrono di colon irritabile si osserva una maggiore permeabilità della barriera intestinale, causa di una maggiore traslocazione batterica che, attivando il sistema immunitario, può portare ad un’infiammazione di basso grado dell’epitelio intestinale[17]. La glutammina, un aminoacido coinvolto nel funzionamento dell’apparato digerente e del sistema immunitario, può contribuire all’integrità e al trofismo della barriera intestinale e a ridurre l’infiammazione. Essa, inoltre, può modulare positivamente la composizione del microbiota intestinale[18], limitando la disbiosi che si osserva nell’IBS.

Alcuni studi, inoltre, hanno evidenziato che la glutammina può ridurre i sintomi del colon irritabile. Un studio pubblicato su GUT ha evidenziato che nei pazienti affetti da IBS con prevalenza di diarrea post-infettiva e permeabilità intestinale l’integrazione orale di glutammina (5 g/2 volte al giorno per 8 settimane) ha ridotto drasticamente e in modo sicuro i sintomi del colon irritabile[19].

Inoltre un recente studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, ha mostrato che l’integrazione orale di glutammina (15 g al giorno per 6 settimane) insieme a una dieta a basso contenuto di FODMAP migliora l’efficacia della dieta, riducendo la gravità dei sintomi dell’IBS[20].

L’uso della glutammina può quindi essere indicato per per la gestione del colon irritabile, soprattutto nei casi in cui esso si associ a una documentata permeabilità intestinale. Tuttavia gli studi finora condotti sono ancora pochi e richiedono quindi ulteriori approfondimenti.

Curcumina

La curcumina è il principio attivo della curcuma, una pianta medicinale utilizzata per un’ampia gamma di condizioni di salute come il dolore cronico, l’artrite, la depressione, i disturbi cardiovascolari e alcune malattie neurodegenerative. Essa, infatti, ha spiccate proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, utili per la gestione di condizioni ossidative e infiammatorie. Recentemente diversi studi ne hanno indagato il potenziale terapeutico per l’IBS.

In particolare una recente revisione sistematica ha evidenziato che la curcumina migliora i sintomi dell’IBS, riducendo il dolore addominale e aumentando la qualità di vita dei pazienti[21]. Uno studio, ad esempio, ha mostrato una significativa riduzione del punteggio di gravità dell’IBS già dopo quattro settimane di utilizzo di un estratto standardizzato di curcumina[22]. In un’altra ricerca una miscela contenente 42 mg di curcumina e 25 mg di olio essenziale di finocchio ha migliorato l’indice di gravità dell’IBS e la qualità di vita in tutti i pazienti con IBS, indipendentemente dall’età e dal sesso [23]). In un ulteriore studio la prevalenza di IBS è diminuita significativamente fino al 60% dopo l’assunzione giornaliera di due compresse (144 mg) di un estratto di curcuma standardizzato per otto settimane[24].

La curcumina può quindi essere un rimedio naturale per il colon irritabile efficace e sicuro. Tuttavia gli studi finora condotti sono limitati e, sebbene promettenti, richiedono ulteriori approfondimenti su campioni più ampi.

Melatonina

Generalmente la melatonina è nota per la sua capacità di regolare il ciclo sonno-veglia. Essa, però, svolge un ruolo importante anche nella fisiologia gastrointestinale. Essa, infatti, viene prodotta non solo dalla ghiandola pineale del cervello, ma in gran quantità anche dalle cellule enterocrommafini della mucosa digestiva. La melatonina, inoltre, regola la motilità gastrointestinale, la risposta antinfiammatoria locale e la sensibilità viscerale intestinale. Essa potrebbe quindi avere un potenziale terapeutico per la gestione dei sintomi dell’IBS.

In particolare diversi studi controllati con placebo in pazienti con IBS hanno mostrato che l’assunzione di 3mg di melatonina ha migliorato il dolore addominale e, in alcuni casi, la qualità di vita, senza effetti collaterali significativi[25]. Non è ancora chiaro come essa migliori il dolore, ma è possibile che la sua efficacia sia dovuta ai suoi effetti analgesici. Tuttavia gli studi finora condotti sono limitati e richiedono ulteriori approfondimenti tesi a chiarire l’efficacia della melatonina, i suoi dosaggi e la durata del trattamento, oltre che ad approfondire i suoi effetti sul sistema nervoso centrale e sulla motilità intestinale.

Terapie psicologiche

Generalmente nella percezione comune il colon irritabile è un disturbo confinato all’intestino. In realtà esso è strettamente connesso con il cervello. Molti studi, infatti, hanno mostrato come i fattori psicologici possano influenzarne i sintomi e come quest’ultimi, a loro volta, possano condizionare l’equilibrio psicologico. Intestino e cervello sono quindi connessi da una densa rete di comunicazione bidirezionale, nota come asse intestino-cervello, che lega la salute mentale a quella intestinale. È questa la ragione per la quale la psicoterapia, apparentemente dominio dei disturbi mentali, può invece migliorare significativamente i sintomi del colon irritabile.

In effetti la psicoterapia rappresenta un’importante opzione terapeutica per i pazienti con IBS, in grado di migliorare i sintomi gastrointestinali e, allo stesso tempo, ridurre i disturbi psicologici che ne possono derivare. Non è raro, infatti, che i pazienti presentino problematiche psicologiche o che sviluppino forme d’ansia anticipatoria collegate al cibo o fobie sociali connesse alla gestione dei sintomi in pubblico. La psicoterapia può quindi migliorare sia i sintomi psicologici sia quelli gastrointestinali. In particolare, una meta-analisi di ben 41 studi con un totale di 2.290 individui ha dimostrato che gli interventi psicoterapeutici hanno portato ad una riduzione significativa dei sintomi dell’IBS sia nell’immediato post-trattamento che nel lungo termine (6/12 mesi)[26]. Nello stesso tempo un’altra meta-analisi ha mostrato come gli interventi psicoterapeutici portassero a un miglioramento della salute mentale e del funzionamento quotidiano dei pazienti con IBS[27]

Attualmente le terapie psicologiche sono raccomandate dalla linee guida della World Gastroenterology Organisation (WGO), dell’American Gastroenterological Association (AGA) e del National Institute of Health and Care Excellence (NICE). In particolare nelle linee guida dell’AGA e del NICE le terapie psicologiche sono raccomandate nei casi di IBS refrattari, che non rispondono agli interventi dietetici e farmacologici e ai cambiamenti dello stile di vita. Le terapie psicologiche possono includere diversi interventi. Quelli maggiormente studiati sono la terapia cognitivo-comportamentale (o cognitive-behavioral therapy – CBT) e l’ipnosi focalizzata sull’intestino (o gut-directed hypnotherapy – GDH).

Psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT)

Nella terapia cognitivo comportamentale (CBT) i pazienti imparano ad individuare e gestire alcuni modi distorti di pensare, che possono intrappolare il paziente in deleteri meccanismi circolari, in cui gli aspetti psicologici peggiorano i sintomi fisici e quest’ultimi, a loro vota, aumentano la sofferenza psicologica. La CBT, infatti, non solo è efficace per la gestione dei sintomi psicologici, ma può alleviare gli stessi sintomi dell’IBS.

Ipnosi focalizzata sull’intestino

L’ipnosi è una tecnica attraverso la quale il paziente viene guidato in un rilassamento profondo, attraverso la suggestione d’immagini e sensazioni rilassanti, che hanno per oggetto i sintomi del paziente. L’idea è quindi quella di utilizzare l’ipnosi come mezzo per ridurre la percezione dei sintomi intestinali e la risposta emotiva del paziente ad essi.

Conclusioni

I rimedi per il colon irritabile possono essere un valido complemento terapeutico per la gestione dell’IBS. Essi, infatti, hanno mostrato una buona efficacia nel ridurne i sintomi e, allo stesso tempo, rappresentano un’opzione terapeutica sostenibile nel lungo termine. Tuttavia è bene ricordare che in alcuni casi le prove a favore della loro efficacia sono solo preliminari. Inoltre il loro utilizzo dovrebbe avvenire sotto la supervisione di un esperto, in grado di personalizzare la “terapia” in base ai sintomi e alle caratteristiche individuali, oltre ad evitare possibili complicazioni derivanti da un inavvertito “fai da te”.

Bibliografia